Solvitur ambulando

percorsi e soluzioni


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sull’Amore che muore

love

quello che tutti vogliono

Avevo già visto questa scena. Quando finalmente  Denys Finch Hatton, dopo interminabili esitazioni, decide che Karen Blixen è la donna con cui vuole passare il resto della vita, le dà appuntamento da lì a qualche giorno, giusto il tempo di sbrigare alcuni affari a Mombasa per poi tornare con lei in Europa, insieme. È un momento che nel film di Sidney Pollack, La mia Africa, precede di poco la conclusione della storia e il classico finale del “vissero felici e contenti” con l’amore che trionfa sopra a tutto. Ma in quell’attimo in cui Meryl Streep che interpreta Karen Blixen, si rende conto che i pochi giorni che ancora la separano dal suo amore, sono pochi giorni di troppo, c’è tutto il presagio di una fine tragica. Robert Redford nei panni di Denys, infatti, si schianterà con il suo piccolo aereo e non tornerà mai più.

Stessa cosa per il dottor Stranamore, Derek che nella felice serie di Grey’s Anatomy ha il volto di Patrick Dempsey e dopo un numero imprecisato di ostacoli ha capito che tutto ciò che vuole dalla vita ce l’ha già, accanto a Ellen Pompeo che veste i panni della dottoressa Meredith Grey. Lui è appena tornato da lei, come Denys e ha appena deciso che non può vivere senza. Perciò farà un salto a Washington, dove aveva passato gli ultimi mesi a ricorrere la carriera, chiuderà le pratiche in sospeso e farà ritorno in modo stabile a Seattle e al Grace Seattle Hospital dove ha tutto ciò di cui ha bisogno: lavoro, amore, famiglia, riconoscimento. «Sarò di ritorno in un battibaleno» dice rassicurante alla moglie Meredith che invece si fa cupa, dallo sguardo al colore dei capelli. Ha atteso tanti mesi, che differenza può fare un giorno in più? Eppure.

Derek non tornerà. Sarà sottratto alla vita da un incidente stradale banale, dopo averla salvata  a quattro persone, a loro volta imprigionate in un groviglio di lamiere, da un precedente scontro accaduto sotto ai suoi occhi, sulla strada per Washington.

So che questi espedienti escogitati dagli autori dei film, hanno sempre ragioni legate alla produzione, all’eliminazione di attori divenuti scomodi o superati. Anche se nel caso specifico non mi sembrava che la figura di Derek si fosse appannata pur con un decennio di puntate alle spalle.

Ma quello che produce sconcerto e smarrimento in noi spettatori che ci identifichiamo con l’uno o l’altro personaggio e che come tutti aspiriamo all’amore, è un’altra cosa. In entrambe le storie c’è un momento in cui i protagonisti si rendono conto di essere preziosi, di avere un prezzo,  e di essere disposti a pagarlo per qualcuno che è altrettanto prezioso. Il prezzo giusto della felicità. Ma farla andare così è come venirci a dire che perché l’amore tra due persone sia completo ed eterno, a un certo punto uno dei due deve prendere la strada dell’eternità lasciando questa vita.

E se ci possiamo consolare pensando che Grey’s Anatomy è una storia inventata, ci tocca subito tornare con i piedi per terra, perché quella della Blixen invece, è una storia vera.


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ritorno agli dei

Fermino

Fermino Brazzale alla festa Vacareti e Vacarete di Cesuna, 5 luglio 2015

La prima volta che ho scritto di Fermino Brazzale è stato nel novembre del 2012, quando avevo scoperto l’esistenza di questo uomo catapultato nella modernità da tempi altri, da un mondo che dentro di lui continuava a mantenersi intatto a dispetto delle innovazioni e della tecnologia. Quel giorno aveva accompagnato il nostro gruppo di camminatori attraverso i luoghi di quell’enclave passata, raccontandoci storie magiche intrecciate con la realtà: in tanti ce ne eravamo innamorati.

Da allora non l’avevo più perso di vista, mi ero letta avidamente i suoi libri per poi tornarci sopra, traendone continuamente nuovi spunti di pensiero, rielaborazioni personali, idee originali. Del resto non è forse questa la prima missione del docente? L’abitudine a elargire con generosità il suo sapere per propiziare nuova conoscenza, era una caratteristica che l’aveva fatto amare e reso indimenticato a generazioni di suoi alunni, lui l’unico del suo tempo che al Monte aveva preso una laurea diventando professore.
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eppure è gente magnifica!

gente magnifica

le parole di un soldato italiano della Grande Guerra parlando del “nemico”

Siamo sul Sentiero del Silenzio che parte da Campomuletto di Gallio. Cerco di lasciare che le parole, che io amo così tanto, scorrano nella mia testa, senza il sonoro, leggendo mentalmente le tabelle che punteggiano la via, ascoltando le suggestioni di Don Maurizio Mazzetto, interpretando le opere che gli artisti qui hanno espresso.I pensieri sono i nostri sensi interiori” mi conforta citazione di Meister Eckhart nel foglietto – guida.

Dieci opere d’arte, curate dall’architetto Diego Morlin, dieci tappe per la pace, dieci temi. Ogni installazione è accompagnata da uno scritto o una poesia. Gli eventi di guerra che questi luoghi hanno visto sono lontani nel tempo, la violenza che li ha abitati invece, un’eco ancora presente.

“Vola, colomba bianca, vola” mi viene da cantare entrando nella gabbia di legno che custodisce al suo interno una colomba scolpita, pronta per uscirne, verso l’alto. La Pace ritrovata. E in su dirigendo lo sguardo, vedo. Vedo la finestra di cielo oltre le sbarre, vedo che il colore del cielo disegna un cuore. Lo fermo con uno scatto, per ricordarmelo: certo che ci vuole anche il cuore. Continua a leggere


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quando il politico è un artista in Comune

artisti politici

Sandro Maculan, Alberto Bortolan e Diego Dalla Via

Far politica dovrebbe essere quel tempo (provvisorio) della vita in cui una persona decide di prestarsi a beneficio di una collettività, passando dalle idee ai progetti e da questi alla loro realizzazione; il tutto in un’ottica di miglioramento delle condizioni della collettività stessa. Insomma, una nobile arte. Ci sono però casi in cui è proprio l’arte, intesa nelle sue diverse e più conosciute espressioni, a mischiarsi con la politica e a occuparsene. Durante il cammino Dietro il Paesaggio, noi di Vaghe Stelle ne abbiamo trovati tre, tutti nell’alto vicentino: Alberto Bortolan, assessore alla cultura del Comune di Arsiero, Diego Dalla Via, sindaco di Tonezza del Cimone e Sandro Maculan, sindaco di Zugliano.

Il denominatore comune di questi tre giovani amministratori è che hanno tutti una formazione artistica e si dedicano con passione chi alla musica (Alberto suona con il gruppo dei Valincantà, Sandro nella Banda Brian chi al teatro (Diego).A ognuno ho chiesto di raccontarsi, di dire se è un caso che sguardi più sensibili come quelli degli artisti comincino a occupare posti in cui si prendono decisioni per le persone e i territori;che posto abbiano l’arte e la politica nella loro vita, se e come si influenzino a vicenda;se la capacità, propria dell’artista, di coinvolgere la gente, aiuti a ridurre la tradizionale distanza che il cittadino sente verso le istituzioni. In breve,cosa succede quando un artista traduce il suo impegno in pratica attiva e nell’arte di fare politica entra l’arte. Continua a leggere


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perché a vent’anni è tutto ancora intero

destino

“…a vent’anni si è stupidi davvero, quante balle si hanno in testa a quell’età” F. Guccini

Non posso rinunciare al concorso per entrare in Polizia” dice all’amica seduta di fronte a lei in treno, una ragazza dai capelli castani lunghi e dagli occhi prolungati alle estremità da un accurato lavoro di eye-liner. “Non è che perché studio giurisprudenza, quello debba essere già l’unico orizzonte della mia vita” continua “in fondo desidero ardentemente entrambe le cose e sono pronta a fare dei sacrifici se serve”. Mi colpisce l'”ardentemente” che ha scelto per rendere la sua determinazione. D’altronde avevamo tutti dell’ardimento, a quell’età.

Si ferma un attimo come se, più che con l’amica quello fosse un dialogo con sé stessa, poi riprende: “sì insomma prenderò la laurea in giurisprudenza che mi piace un sacco ma non escludo di poter diventare commissario di polizia. Non mi va proprio di precludermi nessuna possibilità, in fondo ho ventun anni, mica quaranta”. Continua a leggere


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Valincantà. Tuti magà

valincantà

Concerto dei Valincantà a Chiuppano, 16 maggio 2015

Mi piace il nome che i Valincantà si sono dati, non solo perché concede spazio all’incanto che è uno stato dell’animo da riabilitare e coltivare in un mondo che sembra non avere più spazio per la sorpresa. Mi piace anche per la molteplicità che esso racchiude: valli è infatti al plurale. Loro sono di Arsiero ma non parlano (cantano) soltanto della Valdastico; ci sono anche la Valposina e la Vallarsa e idealmente tutte le valli del mondo. Partono dal particolare, che per prossimità conoscono meglio, per andare al generale: altre valli, altri luoghi che, a guardarli bene hanno tutti qualcosa in comune pur nella diversità. Parla infatti di similatitudine, Roberto Zotti, autore della maggior parte dei testi, nella sua introduzione. Questa qualità che offre accoglienza alle contaminazioni, senza timore di sporcare la propria identità, si ritrova nell’ampia gamma di strumenti che il gruppo mette in campo e nelle suggestioni musicali che richiamano ora uno stile country ora uno irlandese, passando con naturalezza per le arie andine o quelle balcaniche. Continua a leggere


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ogni cosa è illuminata

key light

un fotogramma del video di
60 secondi realizzato da Mattia Beraldo

Da quando alla fine del 2013 l’Unesco ha proclamato il 2015: “Anno internazionale della luce e dell’innovazione tecnologica” una serie di soggetti pubblici e privati sta progettando eventi e iniziative in tutto il mondo per puntare, è proprio il caso di dirlo, i riflettori su questo tema.

IYL2015 (Year of Light 2015) ha l’ambizione di essere un evento globale per una maggiore conoscenza e consapevolezza, sul fatto che le tecnologie basate sulla luce sono in grado di promuovere lo sviluppo sostenibile e dare soluzioni nei settori dell’energia, dell’istruzione, delle comunicazioni, della salute e dell’agricoltura. La luce coniugata con scienza, tecnologia, natura e cultura esprime i temi ufficiali di questa interessante rassegna che potenzialmente potrebbe far emergere vantaggi e innovazioni in favore di una collettività sempre più estesa. Continua a leggere


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la porta dei sogni

E l'astronave che arriva, 
vira e ammira il panorama che c'è laggiù
 saluta un arcobaleno su nel cielo...(Sergio Caputo)

“E l’astronave che arriva, 
vira e ammira il panorama che c’è laggiù 
saluta un arcobaleno su nel cielo…” (Sergio Caputo)

Poteva, a noi di Vaghe Stelle, lasciare indifferenti un luogo che colui che ci vive chiama la porta dei sogni e in cui ha costruito quella che da vero visionario definisce astronave? La domanda è retorica e la risposta è scontata: no, noi camminatori stellari “provinciali dell’Orsa Minore alla conquista degli spazi interstellari…” (cfr. Battiato), non avremmo proprio potuto lasciarci sfuggire questo luogo. Perciò oggi ci andiamo. Superato l’abitato di Caltrano, lasciamo l’auto a Tezze di Camisino, dove un belvedere regala un panorama generoso, nelle giornate limpide come oggi. Il piccolo centro è un luogo singolare che sembra abitato da accumulatori seriali di oggetti di ogni tipo, tutti appesi in bella vista a porte, balconi, scale.

Da lì prendiamo la cosiddetta Tagliafuoco, una strada sterrata, larga ma sconnessa che si arrampica decisa, verso l’alto. Lungo il percorso si fanno notare vecchi casoni in pietra perfettamente restaurati. Un cartello con un detto caltranese ci suggerisce una sosta (“da na bona rapossada no xe mai morto nissuni”) e quasi Continua a leggere


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l’uomo del Monte

uomo del monte

Fermino, l’uomo del Monte

Sono tornata ad ascoltare i racconti di Fermino, uomo di montagna, professore di lettere, fedele alle proprie origini, con un piede nel Monte di Calvene e uno in quello greco. Sono tornata a ridere a sorridere e a commuovermi prestando attenzione alla  particolare parlata del luogo, che fluisce dalla sua bocca mentre ci regala i racconti de sti ani. In lui fierezza e modestia si impastano all’amore per le lingue e alla loro intrinseca ricchezza espressiva, non importa se in italiano, greco, latino o dialetto.

In questo nuovo libro Pianto di montagna che completa la trilogia con i precedenti I cantori di Calvene e Anguane di terra, un italiano più che corretto,  poetico, ricco di sapienti metafore e il dialetto veneto, o meglio vicentino, o meglio del Monte, convivono armonicamente nelle stesse frasi in uno stile unico, originale e irresistibile.

Chi è ancora convinto che parlare il dialetto sia una vergogna, un’onta da celare, si dovrebbe ricredere. Anche Luigi Meneghello nel suo Libera nos a Malo aveva scritto dell’importanza del dialetto rispetto all’italiano imparato successivamente: “per me il dialetto non è una lingua bassa (…) ma una lingua profonda (…) e questo vale per milioni di italiani che hanno avuto un’infanzia dialettofona (…) Ci sono due strati nella personalità di un uomo: sopra, le ferite superficiali, in italiano, in francese, in latino; sotto, le ferite antiche che rimarginandosi hanno fatto queste croste delle parole in dialetto. Quando se ne tocca una si sente sprigionarsi una reazione a catena, che è difficile spiegare a chi non ha il dialetto. Continua a leggere


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Cyrano cercasi

Cyrano

Antonio Zavatteri, nei panni di Cyrano

Ecco come ci fregano, noi donne. Stasera ho avuto in regalo un biglietto per  uno spettacolo teatrale a Schio: Cyrano De Bergerac interpretato dalla compagnia Gank di Genova. Il protagonista è portato in scena da un convincente e intenso Antonio Zavatteri, uno che dopo il diploma di geometra aveva iniziato a lavorare alla SNAM e che solo per la svolta che ha dato alla sua vita decidendo di mollare tutto per seguire la sua passione per il teatro, meritava già per questo un applauso.
La storia di Cyrano non mi è nuova: ho letto il libro di Rostand, ho visto il film con Gerard Depardieu e ogni volta che ascolto l’omonima canzone di Guccini, mi commuovo.
Quindi nulla di strano se anche davanti alla rappresentazione dal vivo che la magia del teatro non smette di rinnovare, mi sono lasciata andare a emozioni e suggestioni. Constatando che sono eterne, replicabili all’infinito. Ora non è un caso che si trattasse della forza delle parole, quelle dell’eloquio fluente dello spadaccino guascone, trasferite parallelamente dalla voce alle lettere;  indirizzate all’amata Rossana, sia pure sotto le mentite spoglie di Cristiano, il giovane cadetto di bell’aspetto a sua volta innamorato della stessa donna. La quale donna, affascinata dalla bellezza del giovane crede di amarlo mentre in realtà ama, a sua insaputa, il cuore di colui che le scrive cioè Cyrano. Continua a leggere